Il nostro viaggio tra le realtà parrocchiali della diocesi fa tappa a San Pio X, nel rione di Serra Perdosa a Iglesias.
Il parroco, don Giorgio Fois, è stato tra i sacerdoti che, dopo l’8 marzo, si è subito attivato, tramite la sua pagina facebook, per condividere la celebrazione eucaristica con tutti i suoi followers. Insieme a questa iniziativa inoltre non ha mai interrotto i rapporti con i suoi fedeli, potenziando la rete di collegamento che già aveva tramite i gruppi di WhatsApp. “Il contatto con tutte le realtà parrocchiali è stato alimentato da subito secondo questa modalità”, ha sottolineato don Giorgio, rimarcando quanto nessuno sia stato lasciato solo. Durante questo tempo particolare, a cui tutti sono stati costretti, il parroco è riuscito a stare accanto al suo popolo grazie ai mezzi di comunicazione, che soprattutto nei momenti liturgici più forti, sono stati un ottimo canale di diffusione di comunicazioni, riflessioni e considerazioni da far arrivare direttamente nelle case dei parrocchiani.
La pausa forzata imposta dal Covid-19, che ha impedito ai vari gruppi di incontrarsi fisicamente, ha riguardato anche e soprattutto le attività di catechismo, con le classi che hanno dovuto sospendere le loro attività settimanali e i catechisti che si sono ritrovati a doversi reinventare per poter stare vicino ai bambini e ragazzi.
In questo periodo che “ha messo tutti spalle al muro ho esortato i catechisti alla responsabilità”, ha precisato don Giorgio. “Ho ricordato loro che sono dotati di un’intelligenza dello Spirito e di inventiva”, ha proseguito, evidenziando quanto questa fosse l’occasione buona per far risaltare la maturità della fede di ognuno che è fatta non solo di formazione personale, ma anche e soprattutto dalla capacità di mettersi in gioco e di creare un legame con i ragazzi.
L’appello alla creatività non sembra essere caduto nel vuoto. I catechisti si sono subito attivati con le modalità che ritenevano più congeniali per sé stessi ma soprattutto per bambini e ragazzi. Quasi tutti hanno prediletto la modalità del gruppo WhatsApp, in alcuni casi sfruttando quelli che già avevano per le comunicazioni ordinarie. Le classi dei ragazzi più grandi, avendo un cellulare personale, hanno potuto interagire direttamente con il proprio catechista, mentre per i più piccoli è stato fondamentale l’aiuto dei genitori.
Gli incontri virtuali sono stati un importante momento di aggregazione per i bambini e le loro famiglie che si sono ritrovate dentro una “catechesi alternativa” che, come ha precisato una mamma, ha donato a tutti un forte messaggio di speranza ma soprattutto ha insegnato ai bambini l’importanza dell’affidarsi al Signore.
Numerose le attività proposte, a partire da quella fondamentale: la lettura del Vangelo domenicale. Piccoli e grandi si sono ritrovati a riflettere insieme sui temi suggeriti dalla liturgia quaresimale e a metterli in pratica nella vita familiare mediante gesti, disegni, video e tutte le altre attività creative proposte dai catechisti. Tra le iniziative anche l’allestimento, in ogni casa, di un “angolo della preghiera”, nel quale riporre i simboli del cammino compiuto insieme. “Erano tutte attività che, di norma, avremmo fatto durante l’ora di catechismo”, hanno affermato i formatori, che, non si sono certo fermati alle limitazioni imposte dalla pandemia, ma hanno proseguito il loro percorso avvalendosi della collaborazione straordinaria dei genitori.
“Abbiamo invitato le famiglie a coltivare insieme su nenniri e a costruire piccoli baballottis per poter vivere comunque le tradizioni cittadine da casa”. Il momento più emozionante, forse, il giovedì santo. La tradizione, a San Pio X, vuole che in quel giorno i bambini che si stanno preparando a ricevere la prima comunione siano coinvolti nella lavanda dei piedi. Quest’anno, nell’impossibilità di farlo in comunità, i piccoli sono stati invitati a farlo nelle proprie case, ai genitori, ai fratelli, alle sorelle. Un primo “gesto di umiltà” che sottolinea quello che forse è il vero senso della catechesi: imparare la teoria con l’unico fine di metterla in pratica prima di tutto in famiglia.
Indispensabile il legame con i genitori che sono stati, in questa fase, le mani operose di una catena di montaggio, allestita in tutta fretta tra le mura domestiche. Loro si sono riscoperti, in prima persona, parte attiva nel percorso di formazione alla fede dei propri figli, riconoscendo la bellezza di una catechesi vissuta in prima persona. Le tante chiese domestiche nate in questo tempo sono un dono che Dio ha fatto al suo popolo servendosi di chi ha scelto di mettere a disposizione della comunità i propri talenti. L’aspetto principale che ha segnato questo tempo di pandemia è stato il desiderio, nonostante tutto, di incontrarsi. Attraverso i social, il lavoro di formazione non è mai stato interrotto, ma anzi potenziato, coinvolgendo i bambini direttamente.
I catechisti sono stati un grande stimolo per le famiglie della parrocchia, portando una ventata di positività alimentata dalla fede. I genitori si sono ritrovati in questa “bella esperienza”, costretti a riprendere in mano cartoncini e forbici per realizzare i lavoretti, ma soprattutto per riappropriarsi di quel ruolo di formatori alla fede che gli spetta di diritto. “Sicuramente porteremo nel cuore questa esperienza”, hanno ricordato i genitori, che nonostante il distanziamento sociale, hanno potuto beneficiare del sostegno della fede.
Nei gruppi di lavoro la catechesi ha trovato nuove modalità d’espressione che testimoniano una Chiesa non a porte chiuse ma desiderosa di uscire per andare incontro ai suoi figli.
di Valeria Carta