«Un cuore che ascolta». O meglio: #unCUOREcheASCOLTA. Perché le parole contano e anche il modo in cui vengono scritte. Il nome scelto per questo progetto appena nato, fin dal primo impatto visivo, vuol far capire bene l’idea alla base dell’iniziativa.
Si tratta di un servizio diocesano nuovo, suscitato da questo tempo di affanni, preoccupazioni e fragilità che stiamo vivendo a causa della diffusione del Coronavirus. Fortemente voluto dal Vescovo, monsignor Oscar Cantoni (che lo ha annunciato ufficialmente al termine della Santa Messa nella Domenica delle Palme), #unCUOREcheASCOLTA è stato pensato, organizzato e coordinato, in pochissimo tempo, dall’Ufficio diocesano di Pastorale familiare. Sara e Daniele Lissi, co-direttori dell’Ufficio insieme a don Roberto Secchi, hanno creato una rete di competenze e collaborazioni per attivare «uno sportello telefonico di ascolto e aiuto da parte della nostra Chiesa diocesana – ci spiegano –. Si può chiamare per chiedere un sostegno psicologico o spirituale.
Il “cuore che ascolta” è quello di uomini e donne con cammini di vita ed esperienze diverse (una ventina di sacerdoti, consacrati, laici, counselor, assistenti sociali, avvocati, psicologi e psicoterapeuti dei consultori familiari presenti sul territorio diocesano a Como, Menaggio e Sondrio). Persone che, con semplicità, si sono messe a disposizione volontariamente, a titolo gratuito, per questo servizio». Ma il “cuore che ascolta” è anche quello delle persone in affanno, disorientate per tanti motivi, che si pongono domande a cui non riescono a dare risposte e cercano aiuto.
Come e dove è possibile trovare questo sostegno?
«Attraverso un numero telefonico – rispondono Sara e Daniele – e un indirizzo mail (dove specificare nome e recapito per poter essere ricontattati e da utilizzare soprattutto negli orari in cui il telefono non è attivo). Il numero è lo 031 331 22 00, attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 19.00. La mail, alla quale si può scrivere sempre, è uncuorecheascolta@diocesidicomo.it». La decina di esperti coinvolti nel progetto già collabora con la Commissione famiglia diocesana, mentre alcuni professionisti, venuti a conoscenza dell’attivazione di questo nuovo servizio, si stanno proponendo per offrire il proprio contributo in termini di ascolto e competenze. Il servizio si articola in diverse fasi: «al primo contatto – ci dicono ancora dall’Ufficio famiglia – verranno accolte le richieste di chi sta telefonando e si spiegherà cosa offre il servizio (accompagnamento spirituale o sostegno psicologico per affrontare questo momento di prova). Nelle successive 24 ore, il professionista più adeguato a dare il proprio sostegno in base al bisogno espresso, richiamerà la persona che ha cercato aiuto. Se nel corso del colloquio dovessero emergere altre necessità, l’esperto, nel confronto in equipe o stilando la sua relazione, valuterà se e a chi indirizzare le persone». Lo stile sarà confidenziale, per creare una relazione, un’empatia, andando oltre il limite della separazione fisica, visto che il contatto può essere solo telefonico e non personale. Il tutto è stato pensato con grande serietà, attenzione e sensibilità, garantendo il rispetto della privacy sia di chi chiama sia di chi risponde e facendo in modo che ciascuno degli esperti coinvolti segua un numero limitato di persone, così da assicurare tutto l’ascolto che ciascuna situazione merita.
A chi avete pensato quanto avete progettato questo servizio?
«In questo periodo stanno emergendo diversi tipi di fragilità. C’è chi sente il bisogno di un supporto psicologico perché sta vivendo male questo momento di emergenza, a causa del contesto sociale che crea tensione ma anche perché, magari, stanno vivendo in prima persona la preoccupazione per sé e per i propri cari (in caso di quarantena, ricovero, lutto, perdita del lavoro…). C’è chi necessita di un aiuto per gestire relazioni conflittuali con il partner o con i figli, che possono essere dalla coabitazione forzata, senza possibilità di uscire per decomprimere le tensioni. Abbiamo pensato anche agli operatori sociosanitari o ai lavoratori che esercitano la professione in situazione di rischio o in condizione emotivamente pesante. C’è poi chi, a causa di questo contesto così particolare, avverte come più impellenti le domande di senso, il bisogno di un conforto spirituale, la necessità di un confronto nella fede e la condivisione della preghiera. Senza dimenticare coloro che, durante il periodo pasquale, si riavvicinano alle chiese, sono soliti chiedere un colloquio e vivere la confessione: in questo caso potrebbero avere la necessità di un supporto per vivere appieno questo tempo liturgico attraverso il dialogo con un sacerdote».
I cuori, dunque, sono pronti a mettersi in reciproco ascolto. Con un’altra piccola curiosità. Il progetto #unCUOREcheASCOLTA ha mosso i primi passi nella diocesi di Bergamo, realtà particolarmente sofferente e colpita dalla pandemia di Coronavirus. «Ci siamo confrontati con loro – aggiungono Sara e Daniele – e abbiamo deciso di adottare la stessa immagine. È un modo per condividere un cammino importante ed esprimere, con un piccolo gesto, il senso di fraternità fra Chiese».
di Enrica Lattanzi