«Se ci saranno le condizioni, in estate saremo aperti per sostenere le famiglie del nostro territorio. Siamo già pronti».
A dirlo è Milena Baghin, presidente della Fism di Vicenza, associazione che raccoglie 165 scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana in tutta la provincia, gestite da parrocchie, associazioni di genitori, enti morali, congregazioni religiose e fondazioni. Un punto di riferimento per migliaia di famiglie e per i 13.400 bambini che le frequentano (e 1.600 dipendenti) e che non ha dismesso il suo ruolo di servizio educativo nemmeno in questi giorni di emergenza sanitaria. Sono quasi due mesi, infatti che scuole dell’infanzia e nidi sono chiusi.
«È iniziato tutto a Carnevale – racconta Milena Baghin -. Abbiamo salutato i bambini con le vacanze iniziate il 24 febbraio e non li abbiamo più visti a scuola». Le scuole Fism, però, non si sono fermate, e gli occhi e le energie sono tutti rivolti ai prossimi mesi, quelli di giugno, luglio e agosto in particolare. «Crediamo che per allora molti genitori avranno ripreso a lavorare – riflette Milena Baghin -. Questo vorrà dire che si presenterà il problema di gestire i figli. Noi siamo pronti per accogliere i bambini in quei mesi, se ci saranno le condizioni di sicurezza. Se potremo essere aperti, l’offerta sarà rivolta prima ai frequentanti e poi, se ci sono posti disponibili, senz’altro accoglieremo bambini dell’età dell’infanzia esterni».
Quando dice “siamo pronti”, la presidente intende dire che
«le nostre strutture sono attrezzate per funzionare 12 mesi all’anno. Come privati, abbiamo una maggiore autonomia gestionale. Il personale è già a disposizione, il contratto lo permette e ne abbiamo già parlato con i sindacati. Inoltre, dopo due mesi di cassa integrazione, anche il personale avrà la necessità di lavorare. Ogni scuola è una piccola azienda, e se le aziende in estate lavoreranno per recuperare i mesi persi, questo vale anche per noi».
A preoccupare Milena Baghin sono più le condizioni in cui sarà possibile rientrare.
«Non sappiamo che vincoli ci saranno – spiega -. E non possiamo pensare di mettere le mascherine ai bambini o di tenerli distanziati. Magari dovremo effettuare ingressi contingentati. Si fa fatica a fare previsioni, l’unica cosa da fare è attrezzarsi e ripartire».
Il segmento di età da 0 a 6 anni, quello a cui si rivolgono le scuole Fism, spiega la presidente, «raccoglie tutte le problematiche di cui si parla in queste settimane: la scuola, la famiglia, la crisi economica». Problematiche che le scuole Fism hanno toccato con mano in queste settimane.
«Rispetto al nostro mondo scuole, quasi tutti i genitori hanno pagato le rette di marzo. Ci sono famiglie in difficoltà economica che hanno chiesto di ritardare il pagamento e una minima parte che pretende il “do ut des”, per cui se il servizio non viene erogato, non paga». Ad accendere gli animi, basta una battuta in una chat genitori: «È più facile dire “io non pago” che “paghiamo la scuola perché la teniamo in piedi” – spiega Milena Baghin –. Ma la gran parte delle famiglie ha capito e si sono rappacificate nel momento in cui abbiamo proposto uno sconto del 65% sulle rette, come Fism». La preoccupazione per il futuro, comunque c’è, «ma non è solo questione di qualche scuola che rischia di chiudere – afferma la presidente -. Se non ci sarà una riapertura, salterà tutto il sistema».
Ma la preoccupazione dell’associazione non riguarda solo la possibile riapertura estiva.
«Tutte le scuole si sono attivate per cercare di mantenere il più possibile una relazione con le famiglie – spiega Paola Sette, coordinatrice della scuola dell’infanzia di Bolzano Vicentino “Lasciate che i piccoli vengano a me” -. Abbiamo inviato video messaggi, proposte e attività per i bambini, ci teniamo in contatto con le famiglie più in difficoltà e abbiamo addirittura organizzato delle video conferenze tra le maestre e le loro classi. I nostri pensieri non sono fermi, cerchiamo di coltivare energie da trasmettere alle famiglie. Le nostre scuole sono comunità, in un momento così non possiamo non esserci».
La situazione rappresenta anche l’occasione per
«stare al passo con i tempi – prosegue Paola Sette -. Abbiamo imparato ad utilizzare strumenti nuovi, ad aggiornarci come scuole e a rivalutare strumenti guardati con sospetto, come i tablet o gli smartphone, superando resistenze, paure e blocchi|. In questo momento sono l’unica possibilità che abbiamo per interagire con bambini e famiglie. Non è una cosa da poco, credo che chi non coglierà questa opportunità ora, rischierà di perdere il treno».
Anche da parte delle insegnanti, inoltre, i pensieri sono rivolti alla riapertura, ma con i bambini al centro.
«Al rientro – conclude Paola Sette – dovremo lavorare sulla capacità di ricucire, di accogliere le emozioni che i bambini si porteranno dentro a causa di questi mesi chiusi in casa».
di Andrea Frison