Dopo le grosse difficoltà dei mesi scorsi, anche le scuole paritarie hanno riaperto le porte a settembre. Non tutte, a dire il vero. C’è una grossa fetta di paritarie che tra i mesi di chiusura del lockdown e il ritardo dello Stato nell’erogazione dei fondi di sostegno, non ce l’ha fatta. Il sito www.noisiamoinvisibili.it riporta 102 istituti già chiusi, per un totale di 4.016 studenti da ricollocare in scuole statali e quindi un aumento di costi sulla scuola pubblica stimato a 34 milioni.
Molte altre paritarie però sono riuscite a superare questo periodo nero anche grazie ai sussidi della Conferenza episcopale italiana (Cei) che ha stabilito fino a 20.000 borse di studio dal valore di 2.000 euro ciascuno per studenti con famiglie in difficoltà economica a causa del Covid. È il caso dell’Istituto San Francesco di Sales di Città di Castello che si è attivato subito per le famiglie dei suoi studenti.
“A luglio ci siamo iscritti tramite la piattaforma Cei e abbiamo informato le famiglie riguardo la possibilità di ottenere le borse di studio”, spiega il direttore del San Francesco di Sales, Simone Polchi. “Alla fine hanno ottenuto il sussidio 40 famiglie, quasi tutte quelle che avevano fatto domanda”. Un guadagno per tutti, a cominciare dalle famiglie stesse.
“Mia figlia voleva a tutti i costi frequentare l’istituto San Francesco per via del suo liceo economico-sociale. A Città di Castello è l’unico che ha fra le discipline le scienze umane”, racconta la signora Carla (nome di fantasia), che durante il lockdown si è ritrovata improvvisamente senza lavoro. “Rendendosi conto della situazione familiare, mia figlia aveva scelto di rinunciare al liceo Sales a favore di una scuola statale, ma a me dispiaceva troppo il pensiero che non avrebbe frequentato la scuola che voleva e non avrebbe studiato le materie per cui ha una predisposizione”.
Poi a luglio è arrivata la bella notizia della borsa di studio.
“Siamo felici, non solo perché mia figlia ora è la prima della famiglia a esser pronta per uscire di casa la mattina, ma anche perché io da mamma, in quest’anno così particolare, mi sento più sicura a mandarla in una classe meno numerosa”.
“Abbiamo a disposizione circa 3.000 metri quadri di scuola più uno spazio esterno inaugurato proprio l’anno scorso e la media di alunni per ogni classe è di 18, per cui il distanziamento è garantito”, sottolinea il dirigente.
La sensazione di maggiore sicurezza rispetto alla scuola pubblica nell’anno del Covid è riportata anche dalle maestre Luciana ed Evalda dell’Istituto Leonino di Terni, entrambe trasferitesi dalla statale alla paritaria.
“Siamo mosche bianche – commenta scherzando Luciana – nessuno oggi si sognerebbe di abbandonare il posto statale. L’ho fatto perché ho avuto io stessa una formazione cattolica, sia a scuola che a casa, e ho avuto modo di vedere la differenza nella costruzione della persona a tutto tondo”.
La maestra Luciana sottolinea poi come, nell’anno scolastico del Covid, la scuola paritaria a suo avviso abbia una marcia in più:
“Il rapporto con i genitori dei bambini è diverso, c’è più collaborazione. Durante il lockdown per esempio, grazie al sostegno delle famiglie, siamo riusciti a fare lo stesso numero di ore che facevamo in presenza anche a distanza. È stato senza dubbio impegnativo, ma siamo riusciti a garantire ai piccoli un contatto costante e alla fine delle cinque ore di lezione mi chiedevano comunque di non interrompere il collegamento. Presumibilmente avverrà lo stesso nel caso ci fosse la necessità di isolare una classe”.
Stessa esperienza positiva anche per la maestra Evalda che, a 73 anni, avrebbe dovuto essere già in pensione, ma invece ha scelto di rimanere accanto ai suoi studenti in un anno così difficile, per gratitudine verso l’Istituto Leonino.
“Questa scuola mi ha accolto quando mio marito era gravemente malato. Il mio posto nella scuola statale era troppo lontano da casa e non avrei potuto assisterlo. Così andai a chiedere un lavoro alle suore e da allora non mi hanno più abbandonato, neanche anni dopo, quando mio marito purtroppo è venuto a mancare”.
La maestra Evalda durante il lockdown si è cimentata con successo con internet e didattica a distanza – “ho detto a me stessa che era il momento di mettersi alla prova e testare quanto fossi ancora lucida”, scherza – e in poche settimane ha imparato a usare Meet per le lezioni e il collegio docenti. “Ce l’ho fatta, ma mi auguro che non succeda di nuovo. Ho bisogno di stare in mezzo ai giovani”. Per quanto riguarda la sua sicurezza, Evalda è rimasta stupita dall’attenzione dei ragazzi. “Quest’anno sono stranamente calmi al banco e rispettosi delle regole. Forse c’è del positivo anche in questa situazione”. “Nella scuola paritaria – continua – aleggia uno spirito d’unione che mi ha aiutata nei miei momenti di difficoltà e aiuta tutti oggi in un momento difficile per il mondo intero”.
di Valentina Russo