Quando li incontriamo spesso li scansiamo, li guardiamo con sospetto e paura. Sono gli zingari. Un popolo che per tanti non esiste, sono gli invisibili. O meglio coloro da scansare, da rifiutare. Ma non è così per tutti. Non lo è per Carla Osella, sociologa, consacrata delle Figlie di Sant’Angela Merici di Torino e dal 1977 nel Rinnovamento dello spirito. Da moltissimi anni opera per la difesa dei diritti del popolo Rom e Sinto.
<La cosa che mi dispiace di più – ripete spesso – è di non essere nata zingara, posso dire che culturalmente mi sento zingara, e sono orgogliosa di appartenere a questo popolo che durante i secoli non ha mai dichiarato guerra a nessuno>.
Con un piccolo gruppo di sinti 50 anni fa ha dato vita all’Aizo (l’Associazione italiana Zingari oggi).
La vita di Carla da allora si intreccia con quella dei tanti rom e sinti che incontra non solo a Torino, ma in tutto il mondo. L’azione dell’Aizo si incrocia con il carcere, la scuola, la salute. Carla Osella è sempre sorridente, ma determinata vive accanto, con loro. E non poteva abbandonarli neppure durante questa pandemia. Come tutti ha dovuto chiudere le porte della sede nella periferia torinese, ma non si è fermato il suo lavoro e quello dell’Aizo. Il 24 febbraio sospende la scuola media che si tiene nei locali dell’associazione, si ferma l’attività per i sette ragazzi che devono svolgere come giustizia riparativa.
<Non eravamo spaventati – precisa Osella – ma non ci sentivamo sicuri di poter continuare tutte le nostre iniziative in sede in sicurezza>.
Carla parlando con i Rom verifica che neppure loro hanno paura di questo virus, ma anche che si sono rifugiati nei loro campi senza più girare per la città. Così Osella e i suoi collaboratori decidono di avviare una nuova iniziativa per consegnare pacchi di viveri, fanno sapere che in giorni prestabiliti durante la settimana sarebbero stati distribuiti cibo e generi di prima necessità. Un servizio che non si è ancora interrotto. Alla porta della sede continuano in tanti a bussare con richieste d’aiuto, a tutti viene offerta una risposta, ma sempre all’aperto. Il problema più grande da affrontare non è tanto il cibo o la consegna di beni di prima necessità, e neppure la salute, nella prima fase non ci sono stati dei casi Covid tra i rom, ma il blocco della scuola.
<Per i bimbi è stato tutto più difficile – racconta Carla – pochissimi, anzi quasi nessuno aveva il computer o il tablet, abbiamo dovuto inventarci un modo per aiutarli. I primi giorni erano quasi contenti di non andare a scuola, ma poi con il passare dei giorni si sono resi conto che giocavano sempre e soltanto. All’inizio non si sapeva cosa fare, poi quando è partita la didattica a distanza ci siamo attivati. Ed è stato difficilissimo. Abbiamo dovuto fare i conti con insegnanti che non hanno avuto sempre rispetto dei tempi>.
Carla con il suo gruppo di educatori ha vissuto molto tempo nei campi per aiutare i bambini, a seguire le lezioni e riprendere i rapporti via web con gli insegnanti. Ha trovato i fondi per pagare gli abbonamenti ad internet ed è riuscita a recuperare dei tablet, che poi spesso venivano usati da tutta la famiglia per giocare. Con l’avvio del nuovo anno scolastico è anche ripreso il servizio navetta che porta i più piccoli dal campo alla loro classe. Ed è di questi giorni la buona notizia che la scuola dell’associazione Aizo ha ripreso l’attività, non per tutti. Per ora sono solo un piccolo gruppo per rispettare le normative anti-Covid. Ma è già un bel segnale.
di Chiara Cattaneo