Mentre scrivo sono 43 giorni che il servizio di assistenza al PAS, fornito in tante nuances quanti sono stati i tipi di bisogno rilevati, continua ininterrotto…e di mezzo, ci sono state le festività di Pasqua ed il 25 aprile e tra poco anche la festa di tutti i lavoratori, il 1° maggio… La risposta alla domanda dei primi minuti dell’emergenza (“E adesso che si fa?”), non si è fatta aspettare. Lo viviamo: e chiunque si affacci in Viale de Gasperi 5, può notare che c’è del movimento, con la precisa osservanza delle norme di sicurezza, e che la domanda di aiuto è vera, purtroppo, ed è di giorno in giorno crescente. Chiunque passi davanti all’Emporio della Carità si può accorgere che, oltre all’aumento dei richiedenti aiuto, ne è cambiata la tipologia: non sono i “soliti” poveri della città che qui approdano, ma pure famiglie o pensionati che fino a due mesi fa riuscivano a “sbarcare il lunario”, di mese in mese. Ora si annaspa.
TANTA UMILTÀ
Lo raccontano Antonina e Stefano, gli operatori del centro di ascolto della Caritas Diocesana: due persone a completo servizio, a disposizione “H24”, che rispondono a richieste di chi già conoscevano, ma anche di persone che, finora, non si erano mai nemmeno accostate. È dura il dover prendere coscienza che si ha bisogno di aiuto e proprio di quel tipo di aiuto: ci vuole tanta umiltà. Ancor di più ce ne vuole per decidere di prendere il telefono e comporre i numeri del Centro di Ascolto (351/5579225 e 392/3719898), per trovarsi a parlare con qualche sconosciuto che non potendo nemmeno guardarti negli occhi, non può stabilire subito quella empatia necessaria per metterti a tuo agio.
Quindi, vista la situazione, ti senti quasi in dovere di “confessargli” la tua vita, per spiegare che, quella in cui ti trovi, non è la tua normalità. La diffidenza, però, racconta Stefano, svanisce dopo un po’ e succede perché a mano a mano che la telefonata si svolge, la persona percepisce che dall’altra parte c’è qualcuno che vuole prendersi cura di te, senza giudicarti, non con aiuti spot ma con un vero e proprio progetto di vicinanza, cucito su misura e che dura nel tempo: finché non ti rimetti in piedi. In un certo senso, la “presenza” fisica, pur essendo insostituibile, trova un supplente nello sforzo enorme che Antonina e Stefano fanno quotidianamente, non senza sofferenza, perché anche loro sperimentano le conseguenze del lockdown a livello personale.
Prima, in ufficio, la necessaria condivisione di tutto ciò che riguardava i vari casi, avveniva in maniera naturale e “automatica” ed in qualche modo, fungeva da collante fra i vari turni, ma pure da valvola di sfogo; ci si confrontava con tutto il gruppo e pure i ragazzi del servizio civile potevano contribuire col loro apporto. Tutto questo, manca. E se in circostanze normali ascoltavano un certo numero di persone, ora, tramite lo smartworking, i colloqui sono significativamente aumentati e con essi il carico umano delle situazioni di cui vengono a conoscenza. In definitiva, se si guarda all’essenza di ciò che si sta vivendo, si nota che il bisogno immediato è quello degli alimenti, ma in effetti, la necessità primaria è quella della relazione con una persona che, accogliendo con la tenerezza, il rispetto e la cura di cui è capace, è lì proprio per te in un momento di buio per infonderti speranza.
OLTRE A PAROLE ACCOGLIENTI, ANCHE CALDI FATTI
A trovarsi nei pressi del PAS, nei primi attimi dell’emergenza COVID 19, ciò che si poteva percepire era l’assenza di titubanza: da subito ci si è organizzati fattivamente per non lasciare indietro nessuna delle persone povere della città. Non sono belle parole, queste, ma fatti concreti, resi tali da alcune presenze fisse ed instancabili delle prime ore quali don Alessio, Pino, Mimmo e Giancarlo. I vari volontari che in questi giorni si sono succeduti, testimoniano di essere stati letteralmente attratti dal loro esempio contagioso di generosità, di dono gratuito di sé, senza ricerca di vana gloria personale, in nome di un Bene Altro. Così Vito, Pina, Alessandra, Barbara, Beatrice, Emanuela, Fabia, Luisa, Paola, Enzo, Luigi, Virginia, Nazzarena, Raniero, Alessio, Corrado ed altri, si sono aggregati, armati di guanti e mascherine, senza pensarci su troppo, senza pubblicizzarlo in giro, ed hanno regalato il loro tempo con amorevolezza, testardaggine, energia e dedizione, anche nei giorni rossi del calendario. Tra loro c’è anche chi, in passato, ha vissuto giorni di stenti e si è trovato ad essere grato per qualcuno che a casa sua portava un po’ di viveri: i pasti potevano essere assicurati a tutti i componenti della famiglia, a quel punto, e non solo ai figli per i quali i genitori si sacrificavano, digiunando. Questa persona sente il desiderio-dovere di restituire il bene ricevuto, per quanto è nelle sue possibilità, e ci testimonia che quando c’è qualcuno nel bisogno, che chiama, non si può rimanere indifferenti e non ci si può soffermare più di tanto, perché se il tempo di per sé è prezioso, per un povero è questione di vita o di morte. Sorge una domanda: tu, lo faresti? Se la risposta fosse un “sì”, ti aspettiamo! Se invece fosse un “no”, beh, allora prega per chi lo fa, magari astenendoti da quello che Papa Francesco chiama “chiacchiericcio”.
LA RETE
Il PAS è una rete di associazioni, alla quale si è arrivati dopo un cammino non privo di qualche difficoltà, che ora, proprio ora, grazie a questo tempo di prova, riesce a sperimentare concretamente ciò che sapevamo essere in nuce: il valore dell’unità nella diversità, il valore per noi imprescindibile delle relazioni, oltre all’insignificanza delle nostre preoccupazioni di fronte alla costante epifania della Provvidenza, con i suoi copiosi e sorprendenti doni. Ce lo confermano Simonetta, dell’associazione “Kairos”, e Marika dell’associazione “Gocce di Carità”.
KAIROS è una ONLUS nata con l’intento di offrire aiuto alle persone e alle famiglie in difficoltà con sede a Monsampolo del Tronto (tel.370/3658589). Simonetta racconta della Provvidenza arrivata da un posto che mai si sarebbe immaginata: la Bergamo di un mese fa, i cui morti a causa del virus venivano portati via dai camion dell’esercito perché nei cimiteri non c’era più posto ed i forni crematori erano al collasso per il ritmo troppo serrato. Da là, Marzia ha voluto pensare proprio a Kairos e, proprio da quella città martoriata, ha fatto arrivare grandi quantitativi di alimenti freschi da destinare alle famiglie bisognose di qua. Marika opera per “Gocce di Carità”, associazione di Colli del Tronto-Castorano (tel. 370 3145303), che si occupa anch’essa, a vari titoli, di povertà.
Le difficoltà di questo periodo non sono state poche ma la speranza che accomunava i volontari ha spinto tutti a continuare il servizio, erogando pacchi di viveri e indumenti agli utenti. Ciò che resta nel cuore di Marika è la condivisione dei bisogni tra associazioni. Il CAV di Ascoli Piceno, per i vari impedimenti legati al lockdown, non poteva assistere una coppia bisognosa di aiuto, che appena uscita dall’ospedale per la nascita della loro bimba, non aveva che una copertina per portarla a casa. Marika, accolto l’appello, ha preparato corredino, passeggino e tutto l’occorrente, aggiungendo anche beni necessari per tutta la famiglia. La protezione civile ha consegnato i pacchi e nel giro di un’ora, questa famiglia è stata raggiunta: inutile raccontare la commozione dei due neo-genitori. Nella rete abbiamo fatto esperienza che non c’è la corsa a tenersi stretti i “propri” poveri: c’è un desiderio di valicare i confini delle proprie “stanzette”, appoggiandosi alle altre entità, allo scopo di un Bene più grande. Così si scopre, o si riscopre, ciò che la Legge dell’Amore sempre rivela: quando ci si affida, quando ci si dona gratuitamente, ciò che si riceve per la propria vita è un bene che oltremodo travalica la fatica e le miserie umane che, inevitabilmente (siamo fatti così!), mettiamo in campo.
di Anita Gasparrini