Missionaria e medico per 18 anni tra le Filippine e l’Africa, suor Ornella è oggi tra gli ispettorI della Asl di Rieti che stanno monitorando le case di riposo e le Rsa. Un servizio intrapreso dopo un esordio da volontaria presso il Covid Center “Santa Lucia”.
Per un medico, passare dalla neurologia infantile in Africa alle case di riposo a Rieti può sembrare un salto eccessivo. Ma non se il medico è suor Ornella Ciccone, che dell’inaspettato ha un po’ fatto la chiave della sua vita. «Non avevo mai pensato a farmi suora fino all’età di 22 anni – ci spiega approfittando di una pausa dal lavoro di questi giorni – quando sono entrata in convento facevo già il terzo anno di medicina. Però nella mia vita erano già presenti segni che non avevo capito. Avevo una grandissima passione per le missioni e la medicina già dalla seconda elementare e stavo portando fino in fondo questo sogno. Solo che pensavo di farlo mettendo su famiglia. E invece la chiamata alla vita religiosa mi travolto, ad un tratto mi interessava solo la consacrazione. Ho lasciato Medicina e sono entrata ad Assisi. Ogni altro aspetto era passato in secondo piano e non sapevo se avrei poi ripreso gli studi. Ma dopo la professione semplice, essendo il nostro un istituto missionario, mi è stato chiesto di completare Medicina: a quel punto nella mia vita tutto era intrecciato».
“Tuttologa” a Manila
Ormai suora, Ornella va in missione nelle Filippine, in una baraccopoli di Manila. «È stata forse l’esperienza più forte e più dura. Sono stati otto anni molto belli, ma ero da poco uscita dall’Università: avevo fatto esperienza in pediatria e studiato medicina tropicale in Inghilterra, non ero certo attrezzata a fare la tuttologa, come poi mi sono trovata a fare».
Di nuovo sui libri, poi in Africa
Con applicazione e pazienza suor Ornella riesce però ad ambientarsi e a dare il meglio di sé, ma l’inaspettato è di nuovo dietro l’angolo: «quando ormai mi sentivo a casa, la congregazione mi ha richiamato. Ci si era resi conto che il quadro normativo stava cambiando e senza una specializzazione il mio reinserimento in altri ambiti sarebbe stato difficile. I primi tempi avevo lavorato sull’Hiv pediatrico a Padova e ho deciso di ripartire da lì, studiando Pediatria generale. E quando si è trattato di scegliere un indirizzo specifico ho rivolto la mia attenzione a Neurologia. Sembrava una scelta controcorrente, ma quanto poi sono andata in Africa ho scoperto che era quella giusta. Perché è una disciplina quasi sconosciuta, nonostante ci siano tantissimi bambini con danni neurologici, molto più che da noi». Nello Zambia suor Ornella inizia a collaborare con i pediatri e l’Università locale fino a mettere su un centro di neuroriabilitazione pediatrica, anche lavorando alla formazione degli specializzandi. Un’esperienza portata avanti fino a quattro mesi fa, quando rientra in Italia.
Volontaria a Rieti
E lasciata una missione ne trova subito un’altra. Di fronte alla crisi innescata dal coronavirus, decide di impegnarsi come volontaria presso il Centro Covid “Santa Lucia”. «Un salto dalla pediatria alla geriatria – dice sorridendo – anche se il campo neurologico offre un terreno comune. Ovviamente le patologie sono diverse e nel caso degli anziani hanno più a che fare con i fenomeni degenerativi. In compenso ho scoperto un mondo affascinante: gli anziani hanno una dolcezza incredibile, sommata all’esperienza di tutta una vita».
Una scoperta di umanità
Anche se bardati dai dispositivi anti-contagio e tenuti a distanza dalle dovute precauzioni, tra gli operatori e le pazienti si è rafforzato un forte senso di umanità, è nata una nuova amicizia. «Gli anziani ci accolgono sempre contenti, magari non ci riconoscono da un giorno all’altro, coperti come siamo, però ho trovato un buon clima. Vale anche per gli operatori sanitari e gli infermieri: stanno dimostrando una dedizione che contraddice tutti i luoghi comuni sul rapporto tra giovani e vecchi».
La forza della Comunione
E poi c’è il conforto della fede: «Un’altra cosa che mi ha impressionato – dice suor Ornella – è vedere la gioia nei volti quando andiamo con la comunione. Gli occhi brillano, come se portassimo un regalo enorme. Passare prima a prendere pressione e temperatura, e poi con l’Eucaristia è stata una delle esperienze più belle per me, un grande dono. Di fronte alla morte di suor Anastasia, ho poi potuto misurare nella commozione l’affetto che le ospiti della casa di riposo hanno per le suore, quanto apprezzano la delicatezza che hanno nei loro confronti». Nella forza di queste relazioni, secondo la religiosa, si misura anche la buona intuizione di trasformare in centri Covid le strutture per anziani. Questo ha permesso di mantenere per quanto possibile il filo di una quotidianità già fragile e delicata, cercando di accompagnare la situazione alla normalità.
Precauzioni e tenerezza
E quello di suor Ornella è un punto di vista qualificato, visto che la Asl di Rieti le ha affidato le ispezioni nelle case di riposo e nelle Rsa della provincia: «Non stiamo trovando contesti difficili, né pazienti positivi. La situazione è sotto controllo e in generale c’è senso di responsabilità. Il nostro compito è verificare che vengano osservate tutte le prescrizioni e le misure di prevenzione. Ovviamente teniamo anche conto delle persone clinicamente più compromesse e valutiamo se le strutture sono adatte alle loro esigenze». Anche in questi contesti, però, ciò che emerge prepotentemente è la dimensione umana: «a volte capita che i protocolli siano di ostacolo agli affetti. Viene un senso di tenerezza a distanziare due vecchietti che vogliono tenersi per mano. È bello che le persone si innamorino anche a novant’anni. Sono cose che riempiono il cuore!».