Come sarà la vita post Covid– 19? Come i giovani vedono il lavoro dopo l’emergenza? Non sarà facile dare un volto alla nuova “normalità”, ma da questo periodo potremo trarre insegnamento per il futuro. La resilienza imposta dall’isolamento sociale troverà nei giovani un prezioso alleato, se sapranno vedere questo tempo come occasione per reinventarsi, ma anche per condividere e recuperare il senso di comunità.
Tra le iniziative che aiutano i giovani a “creare lavoro” c’è il Progetto Policoro di cui ci parla Salvatore Fega, 32 anni, dell’equipe diocesana di Gaeta:
«L’intento è supportare scuole, parrocchie, e associazioni che vogliono implementare progetti, sia di sensibilizzazione al mondo del lavoro, sia di supporto pratico per l’orientamento scolastico, la stesura dei curricula o la progettazione di bandi. La prossima sfida è quella di fornire servizi di sostegno all’autoimprenditorialità, come il microcredito. Il mio sogno? Trovare lavoro come sustainability manager per poter facilitare nelle aziende quei processi di rendicontazione e sostenibilità che ora appaiono ancora più indispensabili, alla luce dell’emergenza, per costruire il futuro».
Giovani e una solidarietà silenziosa che guarda anche alla professione del domani la troviamo pure in Lisa Mastrolia, 19 anni, volontaria del Centro missionario della diocesi di Porto–Santa Rufina.
«Le attività del Centro sono molto utili per la mia crescita personale – racconta – e prima del coronavirus organizzavamo eventi per dare anche ad altri ragazzi l’opportunità di incontrare culture diverse. Io ad esempio sono stata in Sudafrica, dove ho potuto toccare con mano una realtà che non conoscevo. Ho scoperto che un sorriso può essere tutto, anche se per noi sembra un gesto molto piccolo. Quest’anno mi diplomerò al liceo artistico, poi mi piacerebbe studiare economia dello sviluppo, per poter realizzare progetti che aiutino i Paesi più poveri. Il mio sogno è trovare un lavoro che porti del bene non solo a me ma anche alle persone in difficoltà».
Molti sono i ragazzi che come Lisa non perdono la speranza. Tra loro Sara Gavi, Caterina Castagnacci e Giorgio di Perna, responsabili settore giovani di Azione cattolica del Lazio, che raccontano come questo particolare tempo li abbia portati a riflettere maggiormente sul lavoro:
«Non bisogna aver paura di dire che verrà un periodo molto faticoso per l’economia, la società e il lavoro stesso, che già normalmente causa spesso forme di emarginazione come la disoccupazione. Tali problemi possono portare noi giovani a mettere da parte i sogni. Ma noi cercheremo, come sempre, di esprimere la nostra passione e creatività e vorremmo farlo insieme agli adulti che, oltre ad essere i nostri formatori, dovrebbero essere i primi sostenitori della nostra energia creativa e capacità di innovazione.
Aiutando le nuove generazioni a dare il giusto valore alle cose, fissare le priorità e tenere presente che ogni persona non vive solo per sé, ma si sviluppa e si prende cura dei propri talenti per servire meglio gli altri».
“Quando la strada non c’è, inventala!” è una massima propositiva di Robert Baden–Powell, fondatore dello scoutismo, movimento che in questo periodo ha dovuto creare strade alternative. I capi scout Laura e Tiziano raccontano la loro esperienza con i ragazzi del Clan Cerveteri 1, di età tra i 16 e i 20 anni:
«Le riunioni continuano tramite Zoom una volta a settimana. Stiamo cercando di inventarci un modo diverso di fare scoutismo, anche se i nostri pilastri si basano sull’esperienza sensitiva. Tenere vive le attività ci dà la possibilità di sentirci vicini nel periodo di lontananza. I giovani soffrono la mancanza delle relazioni quotidiane, anche perché lo schermo è sempre una sorta di filtro. Cerchiamo di sostenerli ideando nuovi progetti. Ad esempio, adesso stiamo realizzando con loro un video sul servizio che il Clan svolge in un’associazione che si occupa di disabilità. È un modo per ravvivare in noi lo spirito di solidarietà».
Tutte queste storie guardano sia al valore della relazione sia ad un’idea di futuro del lavoro.
In vista del primo Maggio i ragazzi di alcune associazioni cattoliche del Lazio hanno dato voce alle loro speranze, chiedendo agli adulti di camminare insieme
di Anna Moccia